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Carmine Caputo

L’INVIDIA DEL MARE

L’INVIDIA DEL MARE

Muovendosi tra il verde delle valle del Reno e le antiche mura del centro storico di Castiglione dei Pepoli, il maresciallo Luccarelli sostiene di non aver mai avuto troppa fortuna con le donne. Ma è davvero sempre andata così, o quella vecchia cartolina nasconde qualcosa? Per scoprirlo dovremo fare un salto indietro negli anni Novanta. Sono tanti i segreti che il nostro militare non vuole raccontare, tra le ombre lunghe di una Milano ancora scossa da Tangentopoli, nelle feste rumorose della gioventù spensierata di Bologna mentre, sullo sfondo, le acque profonde del mare di Taranto si agitano silenziose.
Omicidi, tradimenti, violenze. Abbiamo tutti qualcosa da occultare. E qualcuno da dimenticare.

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1

 

11 luglio 2019
Vergato in estate ha l’aria un po’ scomposta di una mamma sulla quarantina che, sospirando, rilassa le spalle sullo schienale di una poltrona, un libro aperto tra le mani screpolate, un filo d’argento che riluce tra i capelli mentre le voci si allontanano e lasciano spazio ai sogni. 
È una mattinata torrida e ho un appuntamento di lavoro. Condivido con i colleghi di questa cittadina operosa la disgrazia di vivere in una vallata fluviale, gelida d’inverno, quando una cappa di foschia incombe greve appiattendoti a terra, afosa e umida d’estate, quando barcolli tramortito alla ricerca di un soffio di vento che ti risusciti. Però Vergato mi piace. Rispetto a zone limitrofe dell’Appennino sembra New York, con le sue luci, il cinema, il mercato, i ristoranti, i negozi. 
La cittadina adagiata sulla valle del Reno è la sede del Comando della Compagnia dei carabinieri cui fa riferimento anche la mia caserma, è lì che lavora il mio capitano ed è lì che veniamo convocati quando c’è qualche grana. 
Solo pochi minuti prima, mentre mi arrampicavo con la mia auto lungo i tornanti che attraversano i boschi verdi di Grizzana Morandi, avevo cercato di fare mente locale delle attività svolte negli ultimi mesi. Una indagine per furti nei garage, conclusa con l’arresto di un gruppo di slavi irregolari. Diversi posti di blocco, il consueto presidio del territorio, processioni e inaugurazioni. Da almeno un anno, dal mistero di Castiglione dei Pepoli poi risolto, non ero coinvolto in un’indagine di un certo peso. A dire il vero poi c’era quella storia di spaccio di droga che però si era rivelata molto più ramificata di quanto non avessimo pensato, e che il sostituto procuratore aveva deciso di approfondire meglio, prima di procedere. Qualcuno dalle mie parti ha avviato una proficua attività di spaccio di stupefacenti, ma si mimetizza bene. Chissà, il capitano mi avrebbe parlato di quello? Mi avrebbe chiesto a che punto eravamo? Le gomme stridono sull’asfalto bollente di questa estate, con queste temperature fa caldo persino in Appennino, mentre scivolo dalla valle del Setta a quella del Reno, salutando con reverenza la casa disegnata da un bambino che fu residenza estiva del grande artista bolognese Giorgio Morandi, cui sono legato da un caso risolto qualche tempo fa.
Magari il dottore vuole convincermi a partecipare al concorso interno che potrebbe fare di me un ufficiale, visto che sono riuscito con qualche fatica a laurearmi a più di quarant’anni. Non ne ho voglia, non ho l’età per farmi nuovamente esaminare, per mettermi ancora una volta nelle mani di un giudice che, sulla base di qualche crocetta e di un colloquio, possa plasmare il mio destino. Poi da ufficiale rischierei di finire chissà dove. Oppure c’è un altro caso complicato qui sull’Appennino bolognese, e nonostante le mie competenze dovrebbero essere limitate alla mia area di azione, forse vuole coinvolgermi per le mie capacità investigative, come ha già fatto in passato. O forse no.
Parcheggio nei pressi del centro commerciale perché sono un po’ in anticipo e ho voglia di stemperare la tensione prendendo un libro in prestito nella biblioteca qui vicino, la più bella e fornita dell’Appennino. Un’occhiata veloce ai quotidiani magari mi fornirà qualche indizio sulla convocazione di oggi. Sulle pagine dedicate alla montagna dal Resto del Carlino c’è spazio per la fantascienza, con i sindaci dell’Appennino che chiedono al ministro di valutare un nuovo collegamento stradale tra Sasso e Pianoro. Figurarsi. Per la classe politica dirigente la montagna bolognese è un presepe pittoresco da preservare, le infrastrutture si fanno in pianura. Si parla poi della presentazione di un libro dedicato all’Appennino a Gaggio Montano, ma anche in questo caso non vedo come possa interessarmi. C’è spazio anche per la manifestazione culinaria nata e cresciuta in cima alla mia vallata, che dopo aver raggiunto lì il successo si è trasferita altrove. Per la proloco del territorio ancora una ferita che sanguina, poverini. Dubito però il capitano voglia parlarmi di carne alla griglia. Basta attualità. In quelle sale silenziose e incantate mi perdo allora sfogliando le pagine di romanzi e saggi storici. Le ultime novità ancora profumano di stampa. 
È ancora presto e nonostante la calura decido di attraversare il paese piuttosto che tornare a prendere l’auto. Prima l’anonima piazza XXV Aprile, che si anima il lunedì con le bancarelle del mercato ma nei restanti giorni è poco più che uno scialbo parcheggio. Avverto la presenza di un venditore ambulante perché il profumo di pesce fritto è una tentazione difficile da sopprimere anche per me, che cammino sotto i portici appiattendomi al muro per vincere la tentazione. Magari dopo ci faccio un salto. Attraverso il ponte sul Vergatello e mi indirizzo verso piazza della Pace, così verde ed europea starei per dire, con le banche, il cinema, la fontana dei pesci. Lungo la strada che conduce alla stazione strizzo l’occhio alla fontana di Luigi Ontani. Ha fatto scandalizzare tanto i puritani e chi non si capaciti che in Appennino ci sia un’opera d’arte contemporanea e non il solito monumento al fungo, alla castagna o allo gnocco fritto. Attraverso finalmente il cuore del paese, piazza Capitani della montagna. C’è un capitano della montagna che mi aspetta, devo affrettarmi.
In fondo a via Monari si schiude accogliente la piazza, su cui si affacciano i caffè e le vetrine delle boutique. Di fronte al supermercato incrocio alcune mamme che chiacchierano sotto i portici, spingendo i piccoli che sonnacchiano nel passeggino, mentre più avanti, di fronte all’edicola che vende libri di storia locale, un circolo di pensionati discute animatamente della possibilità, invero tutta da dimostrare, che esistano anche immigrati buoni. Sospiro di fronte al municipio, ricostruito dai vergatesi recuperando tra le macerie i mattoni lasciati sul campo, dopo i bombardamenti alleati che rasero al suolo la città, nell’agosto 1944. Morirono anche tanti civili, compresi quelli che cercarono la salvezza nei rifugi sotterranei. Tra il novembre 1943 e l’ottobre 1944 questa povera città, colpevole di trovarsi sulla Linea Gotica, subì 23 incursioni aeree. 400 edifici distrutti, quasi tutti gli altri gravemente danneggiati. Mio padre era appassionato di storia, studiarne un po’ di tanto in tanto mi dà l’impressione di averlo di nuovo vicino. Non mi limito a leggere i libri di storia scritti dai vincitori, anche se il mio amico Leo mi accusa di essere un revisionista, a me piace soprattutto il punto di vista degli altri, dei perdenti. Si revisionano le automobili e i romanzi in bozza, chissà perché non si può farlo con la storia.
Mi chiedo come commenterebbero quei vergatesi, abituati a muoversi tra macerie disseminate da mine, la grigia mediocrità del tempo recente. Mentre attraverso il centro alcuni manifesti “vendesi” sulle vetrine mi intristiscono. Anche qui i cataloghi online hanno fatto abbassare tante serrande, mi rivedo bambino che andavo a comprare le uova nel negozio sotto casa con duemila lire in tasca, a Statte, e poi i quaderni alla cartoleria all’angolo e i giornalini all’edicola, e mi domando se davvero ci fa progredire questa alienazione informatica che chiamiamo progresso.
E finalmente ci sono. Quando arrivo, il collega all’ingresso mi avvisa, indicando la porta con il dito, che il capitano mi sta già aspettando, e non è per niente una buona notizia. Visto che non sono in ritardo, vuol dire che non ha preso impegni prima, per essere sicuro di farsi trovare libero. 
Sto per bussare alla porta socchiusa ma la sua voce mi anticipa. Che cacchio sta succedendo? Sono qui in Appennino da una decina d’anni e di disavventure ne ho vissute diverse, ma questo trattamento comincia seriamente a inquietarmi.
— Luccarelli, immagino tu sappia già il motivo per cui ti ho convocato.
Sospiro. Non ho la più pallida idea del motivo per cui mi abbia convocato, sono un ottimo investigatore, da anni mi sollecita a tentare qualche concorso per fare carriera, ma se non intuisco nemmeno il motivo per cui mi ha chiamato, vuol dire che non sono poi questo granché di detective. 
Allora il tema è l’altro, lo spaccio. È plausibile che il capitano voglia che l’aggiorni sulle mie indagini. Da tempo sono persuaso della presenza di uno spacciatore piuttosto scaltro nella frazione di Comune presidiata dalla mia caserma. Non ho prove che lo attestino, purtroppo, ma piccoli segnali che qualcuno abbia organizzato un commercio redditizio proprio sotto i miei occhi. Automobili di lusso mai viste prima in giro. Motociclette di grossa cilindrata. Giovani in giacca e cravatta incrociati nel quartiere dove nessuno indossa la cravatta, da vivo. Qualche fastidiosa voce insistente. Per carità, non parliamo di tossici sfatti che si passano la dose nei giardinetti. Quelle immagini appartengono agli anni Ottanta. Qui siamo di fronte a qualcosa di più sofisticato, e tutto sommato tollerato dalla popolazione, perché se girano più soldi in vallata, in fondo è un bene per tutti. Pecunia non olet. Chiunque sia, mi sono convinto che si occupi soprattutto di cocaina di alta qualità, metanfetamine forse, o LSD, prodotti insomma che si rivolgono a un mercato benestante che sa apprezzare la riservatezza. Li scoprirò, non tollero che me la facciano così, sotto il naso.
Il capitano sposta una carpetta di pelle dalla scrivania ed estrae la copia di un quotidiano locale. L’appoggia sulla scrivania di fronte a me con un gesto stizzito. È del giorno prima, cacchio, per questo non l’ho notata nella mia perlustrazione in biblioteca. Comincio a sospettare qualcosa. Non è la droga il problema. Non è un malvivente che mi sono lasciato sfuggire. Non è una nostra indagine smontata dai consulenti della difesa. È molto, molto peggio.
Leggo frettolosamente. “Straordinario intervento dei vigili del fuoco: 36 ore per estrarre due cani scivolati in un cunicolo in Appennino, durante le quali i pompieri hanno fatto ricorso a ogni mezzo possibile, compreso un escavatore e un elicottero. Dopo l’incredibile recupero i due cani sono stati visitati da un veterinario e riconsegnati al proprietario.” 
— Mi ha chiamato il comandante provinciale. È furioso. Questi episodi fanno male all’Arma, mi ha gridato al telefono.
Sto per borbottare qualcosa. Penso a tanti casi di cronaca nera che ci hanno visto e ci vedono coinvolti, colleghi che operano nelle vesti di criminali e non di difensori dei cittadini e della democrazia. Io stesso sono stato testimone di episodi di corruzione e violenza tutt’altro che secondari. Quelli sì che hanno davvero fatto male a chi come me crede in questa divisa, ma non mi pare il caso di polemizzare.
— A dire il vero abbiamo collaborato alla risoluzione del caso. Ho mandato diversi miei uomini. Abbiamo presidiato le strade e collaborato alle ricerche. E poi come saprà stiamo seguendo una pista che potrebbe portarci a un redditizio mercato di stupefacenti.
Il capitano alza la mano, la apre verso di me con gesto eloquente, non vuole che continui, in fondo anch’io so bene che la mia difesa è del tutto inutile. Non ci sono foto dei carabinieri sul giornale, nessuno ha intervistato il comandante. È questo che fa male a qualcuno.
— L’elicottero, hanno preso, l’elicottero. Ha girato sul paese per ore che mi sembrava essere tornato in Kossovo.
La rabbia del capitano non è direttamente rivolta a me, è un militare che ha conosciuto i teatri di guerra e la lotta alla mafia in prima persona, come me si sente più a suo agio con un giubbotto antiproiettile che sotto i riflettori di un talk-show. Però se mi ha chiamato è perché nel mio curriculum, lo so già, ci sono arresti di omicidi, ladri e spacciatori, ma pochi animali salvati.
— Me ne fotto della droga. Quella c’è sempre stata e sempre ci sarà. Chiudi un rubinetto, loro ne aprono un altro. E poi ai cittadini non interessa più, a meno che non muoia un loro figlio sedicenne che si impasticca in discoteca.
— Cosa vuole che faccia, allora, capitano?
Si alza in piedi, le mani sui fianchi, una smorfia di dolore per quel mal di schiena che si trascina da anni. Si avvicina alla finestra e picchietta con le dita contro il vetro. Sta invecchiando male, imbolsito e astioso come tanti che fanno questo mestiere con passione. Fra un anno o due andrà in pensione e allora avrà tutto il tempo di affacciarsi alla finestra.
— Prepara i tuoi collaboratori. Un gattino da recuperare in cima a un albero. Un cane ferito riportato alla padroncina. Tutto documentato con foto ad alta risoluzione e video. Video in orizzontale, mi ha sollecitato il comandante, ma anche qualcuno in verticale, perché danno più il tono del dramma, funzionano sui social e consentono di applicare meglio il logo dell’Arma in basso a destra.
Non so a questo punto chi dei due sia più in imbarazzo.
— Magari un cinghiale che passeggia con la famiglia sulla provinciale — mi lascio scappare, così, per sdrammatizzare.
— Niente affatto — riprende lui gravemente. La discussione con il comandante provinciale deve essere stata feroce. — Dobbiamo avvicinare l’Arma alla gente. Far capire loro che possiamo aiutarli. La gente ama i cani e i gatti, si fa fotografare mentre li sbaciucchia e gli gratta il pancino, ma odia i cinghiali. Il comandante mi ha espressamente chiesto se possibile la foto di un militare con un cagnolino tra le mani. Anche i gatti vanno bene. Pare funzionino su questo nuovo programma… come si chiama… Instant gramm, o qualcosa del genere. Dobbiamo avvicinare l’Arma alla gente. È chiaro? 
Mi alzo, non sopporto più l’odore di chiuso, ho lo stomaco contratto, mi serve aria fresca.
— Affermativo. Chiederò ai colleghi di tenere traccia di tutte le chiamate relative a cani e gatti dispersi, sentiremo polizia municipale e canili e faremo il possibile per il loro recupero.
Non risponde, deduco che l’incontro sia finito e mi allontano verso la porta.
— Prepari un piano B, Luccarelli.
Sono ormai sulla porta quando me lo dice, la sua voce ha lo stesso effetto di un gessetto strisciato contro la lavagna. Sono costretto a prolungare lo strazio di quell’incontro, mi giro indietro e lo fisso perché voglio capire fino a dove possa spingersi questa conversazione. Sono sorpreso. Mi ha chiesto di masticare la mia dignità come un chewing-gum, non credo possa andare peggio di così. 
— I cani e i gatti, in questo momento, sono la nostra assoluta priorità, ma se non dovesse trovarne in fretta, va bene anche portare la spesa a qualche vecchietta. Non altrettanto efficace, dirò, ma utile alla bisogna. Di solito lo facciamo se qualcuno dei nostri combina qualche marone grosso e c’è bisogno di sviare in fretta l’attenzione dell’opinione pubblica. Ce lo faremo andare bene. Anche in questo caso è fondamentale la foto con la signora sorridente. Bene anche la chiacchierata col vecchio che si sente solo. Ah, mi raccomando la spesa non fatela dai comunisti, sa bene come la pensano ai piani alti.
Starei per rispondergli per chiedergli se al comando hanno fornito anche qualche indicazione su ragù e formaggi patriottici approvati dai piani alti, ma voglio che questa visita finisca al più presto. E dire che io per primo non amo affatto i comunisti, a patto che esistano ancora, ma con certi generali poi dice che uno si butta a sinistra.
— Ai suoi comandi, capitano.
Ritornando alla macchina mi rendo conto che mi è passata la voglia di frittura di pesce. Dopo aver masticato per bene il mio orgoglio non mi resta che attaccarlo sotto qualche banco, come in gioventù.

Specifiche

  • Genere: Giallo
  • Collana: I gialli damster
  • Formato: 14x20 cm
  • Pagine: 370
  • ISBN: 978-88-6810-511-2
  • Anno pubblicazione: 2022
  • Prezzo copertina:: 15
  • Esiste la versione ebook?: no

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