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Riccarda Riccò

NON LASCIARMI (Numaparasi)

NON LASCIARMI

L'amore è un usuraio di sentimenti, è uno strozzino, guai a cadere nelle sue grinfie. È una sanguisuga che ti spinge a vaneggiare la felicità sotto un treno in corsa. Ma è anche un miraggio che ti spinge a sognarlo quando non l'hai. E allora l'amore diventa una sirena che ammalia, un kraken che trascina nei suoi abissi accarezzando e ghermendo le vittime con i suoi lunghi tentacoli: la gelosia, il desiderio, la mancanza, la ripicca, la dipendenza emotiva.

Il romanzo è il seguito di "LA CONOSCENZA DI SOFIA

 

ROMANZO TERZO CLASSIFICATO A R come ROMANCE

Leggi il primo capitolo

1
Sofia tornò a guardare il gocciolamento della flebo, la sacca trasparente di liquido fisiologico, il tubicino che prima di terminare nell’ago cavo infilato nella sua vena sul dorso della mano sinistra si stringeva, prima in una specie di morsetto, poi in un connettore finale.
Di nuovo il deflussore, una goccia alla volta; ne ascoltò il rumore “tic, tic, tic, tic”, cadenzato e rassicurante come un vecchio orologio di sua nonna.
E la macchia di sangue scuro coagulato sotto al cerotto appiccicato al braccio, meno rassicurante.
Poi riguardò la sala d’attesa, il distributore di bevande, il tavolino di vetro con sopra tanti opuscoli sul cuore, tanti cuori rossi su quei dépliant, la sua amica Chicca sorridente che faceva “Ciao”, un attaccapanni nell’angolo, due sconosciuti con i cellulari in mano, il faccione in primo piano di Gianguido che sbocciava un mezzo sorriso.
Ancora i due sconosciuti, velocemente, ancora la Chicca che mandava un bacio, una donna al distributore che aspettava la bevanda, il ronzio della bevanda in preparazione e infine Brenno, il Lupo, in disparte, serio, in piedi contro il muro, lo sguardo in basso.
Un secondo su Brenno e niente più.
Sofia riaprì il primo filmato, quello della flebo. Lo riguardò velocemente, lo chiuse. Aprì di nuovo quello della sala d’attesa, che le aveva mandato Gianguido sul cellulare.
Lei aveva pensato che fosse assurdo che lui e la Chicca sorridessero come se fossero a un aperitivo, mentre lei aveva appena avuto una lavanda gastrica e una somministrazione di carbone a dosi ripetute. Neanche le avesse letto nel pensiero, “Eravamo tranquilli perché i medici ci avevano detto che il trattamento precoce aveva evitato le fasi letali dell’avvelenamento” le aveva scritto subito dopo avere inviato i filmati.
E allora perché Brenno non rideva per niente, ma anzi aveva l’espressione di uno che va al capestro? In quel secondo in cui era stato ripreso, sembrava un Lupo messo alla forca.
Riaprì il secondo video, fermò il filmato su quel secondo di Brenno e fece uno screenshot. Nonostante la faccia provata, aveva sempre un grande fascino. Almeno avrebbe potuto guardare la foto tutte le volte che voleva, almeno avrebbe potuto guardare una foto, almeno avrebbe potuto ricordarlo così, per sempre. Almeno.
Sofia riaprì il secondo filmato, sentendosi come una di quelle anziane che ripetono le stesse cose mille volte.
Sì, era vero quello che Gianguido le aveva detto. Grazie al ricovero immediato si era scongiurata la sindrome falloidea, i gravi stati di disidratazione con squilibri elettrolitici, l’insufficienza epatica e renale, la sofferenza cerebrale. Non c’era stato bisogno di emodialisi per filtrare le scorie metaboliche. Era bastata la lavanda gastrica e una buona idratazione, anche perché alla fine di amanita ne aveva ingoiata ben poca. 
Se Brenno non fosse arrivato a salvarla lei sarebbe stata spacciata, anche perché quella donna malefica di Isabel era molto più alta e possente di lei, quindi, veleno fungino o no, l’avrebbe comunque facilmente soffocata.
A che punto poteva portare la gelosia, quella figlia malsana ma potente dell’amore, capace di accecare gli occhi e la mente di chi colpiva. A quali conseguenze. Isabel ne era un esempio lampante: ammalata di Brenno al punto da volere uccidere chi poteva portarglielo via.
Ma lei, Sofia, la vittima designata, doveva essere felice perché era ancora viva, era stata fortunata, sfacciatamente fortunata, come le aveva detto sua madre. Sua madre... manco si era presentata in ospedale... una volta avvisata di quanto accaduto e che sarebbe bastato poco per rimetterla in piedi, le aveva giusto fatto una telefonata con la voce contrita e poco convincente. Suo padre non c’era e forse non aveva neanche saputo cosa fosse successo. In compenso i genitori di Gianguido erano andati a trovarla nei pochi giorni in cui era rimasta sotto osservazione in ospedale, portandole un mazzo di rose azzurre e una scatola di cioccolatini. “Sei come nostra figlia” avevano detto, “sarai la moglie di Gianguido e sei come nostra figlia”.
Lei non aveva detto niente. Li aveva guardati dal letto bianco del Policlinico, come se fosse stata su una nuvola in cielo, il mondo sotto, piccolo e lontano.
Erano passate più di due settimane e Sofia sfacciatamente fortunata non si sentiva per niente. E neanche solo fortunata. Non aveva più rivisto Brenno, come aveva promesso in punto di morte. Aveva rinunciato a lui per sempre, in cambio della salvezza e della vita, e questa privazione la faceva sentire morta. Si sentiva addosso tutta l’inutilità della sua esistenza e il futuro lo viveva come l’attesa del secondo tempo di un film che ti fa schifo, quelli che non sai se augurarti che migliorino, o sperare che siano uguali all’inizio, per alzarti e uscire dal cinema.
Non aveva raccontato a nessuno del suo fioretto fatto in punta di morte. Fioretto. Un piccolo segno di devozione, un sacrificio, una rinuncia, un voto a Dio: rinunciare a Brenno Capedri detto il Lupo, in cambio della salvezza.
Ma il fioretto era anche l’arma da punta con cui si tira di scherma, il bottone posto in cima alla spada. 
Sofia sentiva il suo cuore trafitto, su un tavolo, sbattuto lì senza vita, come quei cuori nelle foto dei dépliant in sala d’aspetto.
Senza entrare troppo nei particolari, quella storia del voto a qualcuno l’aveva raccontata, in realtà: alla Chicca che le aveva fatto una risata in faccia, e Sofia non se lo sarebbe aspettato, perché si professava cattolica e praticante tanto quanto lei. 
Vivi la tua storia con il Lupo, non pensarci” le aveva detto più di una volta, “Stai insieme al Lupo, mettiti con lui, rivoluziona la tua vita, quello che conta davvero è l’amore, tu con lui sei felice come io non ti ho mai vista”. 
Sofia era un po’ sorpresa, perché da un consiglio di piccola avventura per non pensarci più, come le aveva detto all’inizio, la Chicca adesso insisteva per una storia vera, lunga e ufficiale con Brenno Capedri, il Lupo. Non era da Chicca, sempre molto razionale e venale. Tante volte le aveva enumerato tutti i pro dello stare insieme a Gianguido Ferrari Cocchi, figlio del prefetto, la posizione economica, l’inserimento in società, le conoscenze giuste. Era Gianguido l’uomo giusto per lei, le ripeteva. Adesso sembrava invece allontanarla dal suo fidanzato, spingerla di nuovo in montagna, in quella casa sperduta di Capedri, sulle pendici dell’Appennino tosco-emiliano dove aveva soggiornato qualche volta durante la sua supplenza a scuola.
Sofia capì che in questo modo la Chicca dimostrava una vera amicizia e che era l’unica a pensare al suo bene e alla sua felicità.

Specifiche

  • Genere: Romantico
  • Collana: R come Romance
  • Formato: 14x20 cm
  • Pagine: 200
  • ISBN: 978-88-9347-247-0
  • Anno pubblicazione: 2022
  • Prezzo copertina:: 16
  • Esiste la versione ebook?: no

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